La Spergola: Un Viaggio tra Terroir e Vinificazione


 

Tecniche di vinificazione

La spergola, come previsto anche dal Disciplinare dei Colli di Scandiano e di Canossa, viene vinificata in diverse tipologie: fermo, frizzante sia dolce sia secco, spumante sia dolce sia secco, passito.
Ogni tipologia, per essere considerata di qualità, cioè con caratteristiche tali da poter essere immessa sul mercato a un prezzo medio-alto e sostenere il confronto con prodotti della stessa fascia, necessita di requisiti peculiari e suoi propri.
Di seguito proveremo a descrivere le caratteristiche delle varie tipologie che oggi sembrano essere le interpretazioni più comuni tra i vari produttori, tenendo conto che esistono anche prodotti molto differenti da quelli che andremo analizzando, ma che si possono considerare delle nicchie di mercato per i volumi rappresentati.
 
Le variabili in gioco sono molteplici, a partire dalla zona di provenienza dell’uva, dall’età del vigneto, dall’epoca di raccolta nonché dalle tecniche di vinificazione: sarà compito del produttore saperle utilizzare al meglio per ottenere i risultati migliori. Il territorio pedecollinare reggiano presenta zone geologicamente molto differenti, sia per quanto riguarda il terreno direttamente coltivato, detto terreno agrario, sia e soprattutto per il sottosuolo.
Nel terreno agrario, cioè quello più superficiale dove le radici della vite si diffondono, troviamo mediamente terreni di medio impasto, alcuni tendenti all’argilloso e altri al limoso, raramente sabbiosi. I terreni che si discostano in modo eccessivo dal medio impasto sono i peggiori, soprattutto quelli eccessivamente argillosi, che, essendo terreni pesanti dove l’acqua non drena, danno asfissia radicale ed evitano che le radici si approfondiscano nel terreno alla ricerca degli indispensabili sali che arricchiscono l’uva e il vino.
 
Spesso più interessante per la coltivazione della vite risulta essere il sottosuolo, quella porzione di terreno che si trova sotto il terreno agrario e che lo condiziona profondamente. Qui le differenze si fanno più importanti; alcuni tipi si caratterizzano per avere vene di gesso, antichi gessi messiniani, e sono considerati tra le zone produttive più vocate.
Altre zone interessanti si trovano lungo i fiumi e i torrenti che scendono dalla collina e nelle conoidi dei fiumi stessi. Qui il sottosuolo è ricco di ciottoli e sassi, che favoriscono un perfetto drenaggio dell’acqua in eccesso e permettono alle radici delle piante di approfondirsi.
Vi sono altre zone in cui il fondo è ricco in argille impermeabili che non permettono all’acqua di defluire e creano ristagno idrico, in questi terreni le radici faticano a penetrare: rimangono superficiali. Questi sono i terreni meno adatti e che danno i peggiori risultati qualitativi.

 

Fattori Chiave nella Vinificazione  

Esposizione 
Nei terreni declivi diventa importante l’esposizione al sole. Se il vigneto è esposto a sud riceverà una quantità di sole decisamente maggiore di un vigneto esposto a nord, e questo vale proporzionalmente per tutti gli altri punti cardinali. Le uve esposte a sud, mediamente, avranno concentrazioni zuccherine superiori e una acidità inferiore, ma non solo. L’esposizione inciderà sulla maturazione fenolica della buccia e sulla concentrazione di aromi, soprattutto dei precursori aromatici, molecole presenti ma inodori, che solo durante o dopo la fermentazione vengono metabolizzate o liberate per essere rese volatili. Anche l’epoca di vendemmia sarà influenzata dall’esposizione. Queste condizioni possono essere favorevoli o meno in funzione del prodotto che si deve ottenere, non esiste una esposizione ottimale in generale, dipende dall’obiettivo enologico che si vuole raggiungere.
 
Altitudine
Quanto detto per l’esposizione vale anche per l’altitudine dei vigneti. Più l’altitudine è elevata, meno risentirà delle calure estive che, come ben sappiamo, determinano condizioni poco favorevoli all’attività fisiologica della vite. Infatti, oltre certe temperature, la vite blocca i propri processi produttivi e molti enzimi smettono di funzionare, determinando una sorta di stallo dei processi di elaborazione delle sostanze e di maturazione. L’escursione termica, che è la differenza di temperatura giorno/notte aumenta a mano a mano che ci si alza rispetto al livello del mare, anche questo fattore migliora la maturazione dell’uva, il contenuto in aromi e nei loro precursori.
 
Sistema di allevamento 
Come abbiamo potuto apprendere dal capitolo precedente, le radicali modifiche apportate ai sistemi di allevamento hanno evidentemente cambiato anche le caratteristiche delle uve che si ottengono. Oggi assistiamo a un anticipo notevole dell’epoca di raccolta, una riduzione media dell’acidità e un aumento della gradazione zuccherina dell’uva rispetto a un tempo. Queste variazioni si possono attribuire solo in minima parte ai mutamenti climatici. Vedremo in seguito quanto esse influiscano sul prodotto e come vadano gestite.
 
Età del vigneto 
Altra variabile importante è l’età del vigneto. Un vigneto giovane è di norma molto esuberante, tende ad avere una spinta produttiva elevata, tuttavia le radici sono ancora poco sviluppate e hanno una bassa capacità di accumulo dei prodotti di riserva presenti nel legno. Questo rende il vigneto più sensibile agli stress (carenze idriche e nutrizionali), con ripercussioni importanti sulla qualità del prodotto. I vigneti vecchi, al contrario, sono molto equilibrati, con produttività contenute e con radici estremamente profonde che vanno a esplorare una quantità importante di suolo, quindi sono meno sensibili agli stress idrici e arricchiscono il prodotto in sali minerali. Nella vinificazione dei diversi prodotti occorre tener conto di tutte queste condizioni, ognuna di esse apporta significative variazioni al vino da produrre.  
La Spergola Ferma, vino delicatamente profumato, in quanto non si tratta di un vitigno aromatico. Il corpo è buono ma mai eccessivo, soprattutto non deve spiccare il tipico carattere acido, deve sentirsi solamente la mineralità. Nella produzione di questa tipologia di vino si dovranno privilegiare quelle condizioni che non fanno spiccare eccessivamente il carattere acido della spergola e un tenore zuccherino abbastanza alto, quindi è preferibile che l‘esposizione dei terreni sia prevalentemente a sud e i sistemi di allevamento siano contenuti, con molte piante per ettaro e pochi grappoli per ceppo. Risulta estremamente importante anche l’età del vigneto, da preferirsi decisamente i vigneti di età elevata, possibilmente sopra i vent’anni. Una buona Spergola ferma non è facile da ottenere, proprio perché occorre che vi siano condizioni nella vigna molto particolari.
 
L’epoca di raccolta si localizza in genere nella prima decade di settembre, in quel periodo la spergola di norma ha già ridotto l’acidità, soprattutto quella derivante dagli acidi organici più aggressivi come l’acido malico, mentre il contenuto zuccherino può arrivare anche a percentuali importanti (20-22 gradi Babo, corrispondenti a 14-15 gradi alcolici a fine fermentazione). Spesso a questi livelli di maturazione anche la componente olfattiva cambia, favorendo profumi intensi di fiori gialli, agrumi canditi, miele e frutta secca, e si tendono a perdere le componenti tioliche che richiamano gli agrumi in genere, in particolare il pompelmo e il frutto della passione, che sono legate a particolari precursori aromatici quali gli amminoacidi solforati che si riducono con la maturazione. Per quel che riguarda il sistema di raccolta, è sempre da preferire la raccolta manuale, possibilmente in contenitori di dimensioni non molto grandi. La cassetta è decisamente il sistema migliore, ma può essere valida anche la raccolta in agribox da 300-350 chili, che preserva ugualmente l’integrità dell’acino fino alla cantina.
 
In fase di vinificazione, nella versione ferma si può optare per una pigiatura senza contatto pellicolare o con una breve macerazione della buccia, sapendo che l’estrazione dalle bucce della componente polifenolica dona un colore più carico, maggiore struttura al vino e incide anche sulla componente olfattiva, anche se non in modo sostanziale: la spergola non è un vitigno aromatico e le molecole odorose legate alla buccia sono scarse. Ciò che più viene penalizzato con la macerazione è la longevità, perché le catechine (componenti importanti del colore giallo del vino) tendono a ossidarsi in tempi relativamente brevi, quindi più sono presenti più si percepirà con il tempo l’ossidazione.
Dopo la pressatura è bene fare fermentare il vino a temperatura controllata, non oltre i 18-20°C. È buona prassi controllare quotidianamente lo svolgersi della fermentazione, muovere il prodotto ed evitare che possano insorgere sentori di “ridotto”, produzione di sostanze solforate volatili decisamente poco gradevoli. L’ossigeno è un forte ossidante di alcune componenti aromatiche e, inoltre, accelera l’invecchiamento del vino, quindi nelle fasi di vinificazione, soprattutto quelle iniziali dove non è ancora partita la fermentazione, è importante che i contatti con l’aria siano ridotti.
 
Finita la fermentazione, alla Spergola ferma occorre un periodo di riposo sui lieviti e sulle fecce fini di fermentazione, affinché possa dare il meglio. Sei mesi circa sono un periodo di affinamento buono per ottenere un prodotto che mantenga ancora il carattere fruttato e floreale, ma con sentori di evoluzione dovuti al contatto sui lieviti. In questo periodo di affinamento si ha il rilascio di polisaccaridi da parte delle pareti dei lieviti, che ammorbidiscono il vino rendendolo più pieno e persistente.
   

Vinificazione della Spergola Spumante: Charmat e Metodo Classico a Confronto

Spergola Spumante Versione charmat: i profumi di norma sono delicatamente fruttati, spesso compaiono anche i fiori bianchi e un leggero e piacevole lievito. Al palato la sensazione è di un vino secco, quasi sempre nella versione brut, ottima l’acidità che dona al prodotto la caratteristica freschezza e spesso anche la mineralità, che ne determina una piacevole beva.
 
Spergola Spumante Versione metodo classico: prodotto capace di prolungati affinamenti in bottiglia, si sono raggiunti e superati anche i dieci anni prima della sboccatura con risultati eccellenti, spesso imponenti, difficilmente si trovano prodotti semplici. Il profumo è decisamente complesso, ritroviamo la mela come descrittore tipico, ma anche il lievito è ben presente con le piacevoli note di crosta di pane e pasticceria, che richiamano sentori dolci. Si possono trovare note di frutta secca o di erbe prative o miele, ancora idrocarburi ma non spiacevoli. La presenza più o meno marcata o l’assenza di questi sentori dipende da innumerevoli fattori, che descriveremo in seguito. Al palato il vino mostra un notevole corpo, sempre presente la tipica acidità, che in questo caso è assolutamente necessaria per rendere il prodotto piacevole alla beva e permetterne l’invecchiamento. Nel Metodo Classico freschezza e mineralità si confondono e si sposano piacevolmente.
 
La base spumante ricavata dalla spergola è caratterizzata dalla freschezza del prodotto, principalmente dovuta alla sua acidità, misurata sia in termini di acidità totale sia di pH. I valori che si possono considerare ottimali per lo spumante sono attorno ai 7 g/l di acidità totale e 3.00 e 3.10 massimo di pH. I profumi floreali e fruttati sono l’altro carattere che qualifica positivamente i vini destinati alla spumantizzazione.
Per la produzione di vini spumanti si dovranno privilegiare quelle condizioni che mantengono alta l’acidità dell’uva e non fanno aumentare eccessivamente gli zuccheri.
Sicuramente il vitigno spergola è naturalmente portato al mantenimento di una buona acidità e mineralità, ma questo fatto da solo non basta, occorre tener presente gli altri parametri di coltivazione affinché la vite possa esprimersi al meglio. Troviamo le condizioni migliori in quei terreni freschi e profondi dove è presente un sottosuolo ricco in gesso oppure nei letti fluviali. Anche l’altitudine del vigneto è un fattore di notevole rilievo, soprattutto in una fase storica in cui si va verso un clima sempre più caldo, i vigneti posizionati a buone altitudini sono favoriti. Il sistema di allevamento sempre più volto ad aumentare le densità dei ceppi per ettaro riducendone il vigore non è detto che sia la condizione migliore per la produzione degli spumanti. I vigneti più vecchi, che hanno ancora sesti di impianto sufficientemente ampi da permettere alla pianta di accrescersi e di avere una buona parete fogliare, sono anche quelli che danno i prodotti migliori per la produzione di queste tipologie di vino. Questo dovrebbe far riflettere in fase di impianto dei nuovi vigneti: bisogna prima conoscere l’obiettivo enologico che si vuole raggiungere e quindi indirizzare l’impianto in funzione di esso. Anche le istituzioni dovrebbero interrogarsi su come vengono orientati i coltivatori nei nuovi impianti (attraverso regole e contributi, oggi volti solo all’obiettivo principe della meccanizzazione). Forse l’aver abbandonato completamente le nostre tradizioni, grazie alle quali da migliaia di anni vengono prodotte le tipicità di questo territorio, non è stato del tutto corretto.
 
L’epoca di raccolta ultimamente ricade sempre nell’ultima decade di agosto, con qualche rara eccezione nelle annate particolarmente calde, dove si è dovuto anticipare alla metà del mese di agosto.
L’uva non deve essere eccessivamente matura, ma deve aver perso il carattere verde, cioè quei sentori vegetali presenti negli acini non maturi e che si ritroveranno poi anche nel prodotto finito.
Per questo motivo l’ottenimento di una buona acidità dei mosti non è possibile semplicemente anticipando la data della vendemmia, occorre che le condizioni microclimatiche, geologiche e di impianto ne permettano il mantenimento anche dopo che l’acino ha completato la sua maturazione fenolica.
 

Metodo di Raccolta e Pigiatura per la Qualità

La raccolta dell’uva per la produzione dello spumante deve essere sicuramente manuale, questo è da considerarsi un parametro forse più importante di molti altri, perché la macerazione pellicolare che avviene inevitabilmente con la raccolta meccanica estrae tutto ciò che in un mosto destinato alla spumantizzazione non si cerca (catechine e potassio in principal modo).
L’acino dell’uva ha tre zone principali: la polpa vicino ai vinaccioli, quella vicino alla buccia e la parte centrale. Le zone vicine alla buccia e ai vinaccioli sono quelle più ricche in potassio e in catechine e polifenoli in generale, mentre la parte centrale del mesocarpo è più ricca in zuccheri e soprattutto in acidi organici. Nella raccolta e vinificazione dei mosti destinati alla produzione di vino spumante dobbiamo favorire l’estrazione del mesocarpo e ridurre il contatto e la fuoriuscita o mescolamento con le altre due parti di polpa. Per le stesse ragioni è da preferirsi la raccolta in piccoli contenitori, come precedentemente descritto.
La pigiatura va effettuata a grappolo intero e solo il mosto fiore viene destinato alla spumantizzazine. Il mosto fiore è la prima frazione di mosto che esce, corrispondente a circa il 50 per cento del peso totale dell’uva. La pigiatura si ottiene senza esercitare alcuna pressione sull’acino o con pressioni molto ridotte (0.2 bar).
Per le operazioni di pressatura è consigliato l’utilizzo di presse soffici, costituite da un pallone che si gonfia con aria e che schiaccia l’acino esercitando pressioni molto contenute. Alcuni produttori utilizza- no ancora i vecchi torchi, facendo però ben attenzione a inserire quantità modeste di uva e separando con cura il primo prodotto che fuoriesce, il quale non ha subito ancora pressioni elevate.
La spergola è un vitigno che ha una buona dotazione di precursori aromatici, ma estremamente sensibili all’ossidazione, per questo motivo i contatti del mosto con l’aria devono essere di breve periodo e possibilmente protetti. Le tecniche per la protezione dall’ossigeno sono varie: atmosfera modificata, biologiche o chimiche.
La fermentazione a temperatura controllata (tra i 14° e 17°C) aiuta la produzione dei profumi, perché ne stimola lo sprigionamento da parte dei lieviti ed evita che vengano persi quelli derivanti dall’uva.
Per la Spergola spumante Metodo Classico è fondamentale partire da una ottima base spumante, solo in questo modo si ottiene un vino longevo che migliora con il tempo. Questo significa che non tutte le annate sono giuste per produrlo e non tutti i vigneti vanno bene. Le annate eccessivamente calde o squilibrate come regime di precipitazioni, quindi piovosità eccessive o scarse oppure assenti per periodi troppo prolungati (stress idrico), sono tendenzialmente da scartare.
Anche per i vigneti sono da preferirsi quelli ben equilibrati, possibilmente in zone fresche, così da permettere all’uva di maturare mantenendo una buona acidità e di non avere gradazioni zuccherine, quindi alcoliche, eccessive, che renderebbero il vino eccessivamente pesante e poco aggraziato.
 
La Spergola Frizzante: i profumi devono essere intensi, preferibilmente fruttati, i più ricorrenti sono i sentori che ricordano la mela verde, la pesca bianca e gli agrumi. Il corpo è discreto, leggermente morbido, con una buona acidità capace di contrastare la vena morbida.
È un prodotto fatto per essere consumato giovane, nell’annata, senza velleità di invecchiamenti particolari, lo dobbiamo considerare un vino quotidiano, perciò volutamente semplice ma non banale. Per raggiungere questo obiettivo occorre partire da uve con caratteristiche intermedie tra quelle ideali per il vino fermo e quelle per il vino spumante, questo perché vinificando uve più mature rispetto a quelle destinate allo spumante si riesce a ottenere il carattere intensamente fruttato tipico del prodotto, l’acidità si è ridotta rendendolo più morbido e rotondo, ma non eccessivamente: bisogna sempre ricercare l’equilibrio tra morbidezza e freschezza per evitare l’appiattimento gustativo. Anche in questo caso è necessario seguire le buone pratiche di cantina per evitare l’ossidazione con la conseguente perdita dei profumi. Dopo la fase di pigiatura, parte del prodotto viene conservata a mosto. Il miglior modo per preservarlo è sicuramente mantenerlo al freddo, avvicinandosi il più possibile a 0°C. La percentuale di prodotto tenuta a mosto cambia a seconda del produttore, può variare dal 20 all’80 per cento e oltre. Il mosto servirà per la successiva presa di spuma, per rendere il vino frizzante. La presa di spuma consiste in una seconda fermentazione condotta in ambiente chiuso (bottiglia o autoclave), dove l’anidride carbonica prodotta non si libera nell’ambiente, ma rimane nel vino dandogli la caratteristica bollicina. Anche per questa seconda fermentazione la temperatura e la cura delle condizioni sono di notevole importanza per preservare i profumi che si sviluppano.
 

La Spergola Passita: vino dolce, i sentori al naso sono di frutta essiccata come albicocca appassita, miele, frutta secca e delicate note ossidative. In bocca è dolce, pieno, di elevata struttura, l’acidità lo aiuta a non essere eccessivamente stucchevole.
Si tratta di un vino abbastanza raro, ma i pochi esempi che abbiamo sono di notevole qualità. Per l’ottenimento di questo vino, l’uva deve essere raccolta matura, ma non surmatura, questo per mantenere la freschezza necessaria all’ottenimento di un vino non stucchevole. L’uva viene raccolta e posta ad appassire in fruttaio, un luogo fresco e ventilato possibilmente protetto dalle vespe e soprattutto dalla Drosofila (moscerino dell’aceto). Viene posizionata a monostrato in cassette o arelle facendo attenzione a non schiacciarla e farne uscire il mosto, che determinerebbe l’ammuffimento del grappolo. Queste condizioni permettono la riduzione veloce del contenuto di acqua nell’acino, concentrandone gli zuccheri, gli acidi organici e i sali minerali. Spesso, oltre agli acini semplicemente appassiti, ne abbiamo diversi colpiti dalla Botrytis cinerea, detta anche muffa nobile, che accelera l’essiccazione e aumenta la complessità del vino. Di norma l’uva si mantiene in fruttaio fino a dicembre-gennaio, quindi viene pigiata e fatta fermentare. Il mosto che se ne ottiene ha un’alta concentrazione zuccherina, spesso tra i 28 e 30 gradi Babo, e questo fa sì che la fermentazione abbia inizio ma che non riesca a proseguire, poiché i lieviti sono ostacolati dall’eccessivo contenuto in alcol e zuccheri, che creano condizioni proibitive per il loro metabolismo. Il risultato finale è, quindi, quello di un vino dolce.
L’invecchiamento può essere fatto in piccoli carati, normalmente di rovere, oppure in serbatoi di acciaio per circa un anno, in entrambi i casi si consegue un prodotto molto particolare. Dopo l’imbottigliamento segue un periodo di invecchiamento in bottiglia di dieci-dodici mesi almeno, che migliora ulteriormente il prodotto.
 
 
 
Articolo e immagine tratti dal libro “SPERGOLA - Un vitigno reggiano Viaggio tra storia, vini e territorio” di Giulia Bianco, Aliberti Compagnia Editoriale.